Il precedente post, dedicato all’istallazione di Maurizio Cattelan a Bergamo, mi ha dato uno spunto di riflessione (suggerimento offertomi dagli amici Franco Alberto e Pia, che grazie anche ad alcune divergenze di vedute sono fonte di idee interessanti) ha messo in luce la percezione della gente riguardo alle opere d’arte contemporanee.
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Tiziano Vecellio – Amor sacro e amor profano, 1515 – Olio su tela cm 118 x 278 – Galleria Borghese, Roma
Di
fronte ad un dipinto, ad una scultura o ad altre espressioni artistiche che non
siano pittura figurativa, spesso la reazione porta alla conclusione che il fine
ultimo sia quello che porta al guadagno e/o alla fama, insomma se qualcuno
realizza un’opera poco comprensibile nell’immediato lo fa per soldi o per farsi
notare.
Non
è mia intenzione negare questa possibilità anzi, posso anche condividerla ma c’è
differenza tra le opere contemporanee e quelle del passato?
Grandi
artisti come Tiziano non lavoravano certo gratuitamente, si facevano pagare
profumatamente tanto che non tutte le persone, anche benestanti, potevano
permettersi i loro dipinti.
Cosa
dire del tanto celebrato, anche da chi non ha il minimo interesse per l’arte,
Michelangelo Buonarroti che, chiamato da Papa Giulio II per affrescare la volta
della Cappella Sistina, si lasciò convincere solo dopo l’offerta di un lauto
compenso, infatti inizialmente aveva rifiutato la commissione in quanto: “sono
uno scultore, non sono un pittore”.
Mentre
riguardo a Tiziano e Michelangelo a nessuno viene in mente che abbiano
realizzato i loro capolavori per fama o denaro, succede esattamente il
contrario se i dipinti o le istallazioni sono realizzate da artisti del nostro
tempo.
Siamo
tutti affascinati dall’idea che il nostro lavoro venga apprezzato da più gente
possibile, l’ego umano è smisurato, cosi come tutti cerchiamo di monetizzare il
nostro lavoro, ma questo non impedisce che dietro gli sforzi ci sia qualcosa in
più.
L’arte
andrebbe “vista” con lo sguardo più ampio possibile, tralasciando quei retro
pensieri che oggi vanno tanto di moda, vedere di ogni cosa solo il lato oscuro,
considerandolo il solo lato possibile.
Gli
artisti da sempre hanno legato le loro opere al profitto ma un appassionato
deve andare oltre, a me non interessa se Picasso ha guadagnato un sacco di
soldi vendendo i suoi quadri, ne tantomeno se i dipinti di Cezanne vengono
battuti all’asta per milioni di euro, sono più attratto dai concetti che questi
pittori hanno espresso, sono interessato dalle dinamiche emerse dalle loro
opere, dinamiche che hanno influenzato l’arte a venire, ma non solo l’aspetto
artistico, anche, e soprattutto, quello sociale e culturale.
Il presente è e sarà sempre figlio del passato e genesi del futuro.
In effeti, davanti un'opera del contemporaneo Jago, non penso stia provocando, o cerchi solo di farsi pubblicità, penso solo che stia sollecitando la mia sensibilità. Riuscendoci.
RispondiEliminaCiao Franco, Jago infatti lo collocherei tra gli artisti "figurativi", quelli che catturano l'attenzione con una tecnica eccelsa ma con concetti tutt'altro che innovativi.
EliminaÈ più facile cogliere la bellezza quando è palese, più complicato farlo quando è apparentemente assente.
Grazie carissimo, buona serata.
Romualdo Roggeri
Grazie, Romualdo. Sempre felice di offrire nuovi spunti di riflessione e di ispirazione. In questo caso hai ragione. Alla base di ogni arte c'è sempre un voler guadagnare. Ma credo sia anche giusto, altrimenti non si dà valore a ciò che si crea. L'idea è fondamentale per l'artista, che può elaborare anche altro grazie a chi gliene dà spunto. Non esiste limite che tenga, e questa è la cosa più bella che si possa desiderare. Intrufolarsi nei pensieri dell'autore, scoprire nuovi modi di porsi e di pensare, soffrire e gioire con loro. L'arte e gli artisti: che bella invenzione! Ciao carissimo, alla prossima.
RispondiEliminaCiao Pia, "non esiste limite che tenga", questo è il punto centrale, se ci soffermiamo alla superfice mettiamo un limite, lo supereremo nel momento in cui accetteremo l'incomprensibile (sforzandoci di comprenderlo).
EliminaGrazie, un abbraccio.
Romualdo Roggeri
Già prima, ma nell'epoca dei socialz direi che è elevato all'ennesima potenza, il fatto che siamo tutti diventati critici d'arte, come siamo tutti in grado di fare gli allenatori, registi, ingegneri, meccanici, dottori ecc. Ecc.
RispondiEliminaUn po' si capisce, anche: ogniuno ha una sua opinione, una sua sensibilità un suo io ed è giusto che li esprima. Quando invece lo facciamo con prosopopea e presunzione (spesso nel web) passiamo assolutamente il limite. Per gli artisti che dite? Chiaro che questo vogliano essere conosciuti, diffusi e pure guadagnare, ma credo il limite tra mercato ed arte sia abbastanza marcato.
Un salutone Romualdo
Ciao Alberto, oggi siamo subissati da informazioni (nella maggior parte dei casi false o non corrette) di conseguenza dobbiamo impegnarci per capirci qualcosa, un lavoro difficile ma necessario se vogliamo uscire dall'appiattimento che ci circonda.
EliminaIl limite tra il mercato e l'arte è marcato? io penso che non sia cosi, semmai lo è il mercato che fa notizia, quello vero è fatto di miriadi di piccoli (economicamente) artisti che vendono le proprie opere per somme molto più basse dei pochissimi milionari che emergono dalle narrazioni mediatiche.
Le eccezioni, in quanto tali, si discostano dalla regola che vede scambi per qualche migliaia di euro, una fetta tutt'altro che esigua vende opere al di sotto dei mille euro.
Grazie carissimo, buona serata.
Certissimamente, parlavo del "Mercato" con la emme maiuscola e la coscienza minuscola...
EliminaMercato e coscienza, altro tema spinoso e interessante, in fondo quando ci sono di mezzo i soldi le coscienze vengono messe in secondo piano, quando non sono totalmente assenti.
EliminaSu questo non posso che essere d'accordo con te.
Ciao carissimo.