Durante i miei viaggi esplorativi, nel web, alla ricerca di qualcosa di nuovo, mi sono imbattuto in questo dipinto realizzato da Rosa Andreottola.
Il titolo, “Studi di Arlecchino”, fa capire che si tratta di un abbozzo, di uno studio appunto, anche se viene presentato come opera finita.
Pubblicato all’interno di uno dei numerosi gruppi dove pittori, più o meno dotati, espongono i propri lavori, è stato accolto, dai colleghi, in modo tutt’altro che benevolo.
La cosa divertente di questi gruppi è la possibilità di andare a visionare i dipinti di chi commenta, ebbene i commenti negativi (spesso esposti con estrema maleducazione) vengono dai pittori peggiori, non tanto riguardo alla tecnica (sono riproduzioni fotografiche impossibile dare un giudizio) quanto all’idea, dipinti banali, senz’anima e senza quella visione “aperta” che dovrebbe essere il requisito basilare.
Appurato che l’invidia e l’incompetenza partoriscono la maleducazione (le persone intelligenti motivano i loro pareri con rispetto) trovo che questo lavoro cerchi quantomeno una fuga in avanti rispetto alle ripetizioni di un’arte che si trascina da troppo tempo uguale a sé stessa.
La pittrice nella risposta ai commenti, tra il dispiaciuto e l’imbarazzato, giustificava il suo lavoro accostando i suoi personaggi alle opere di Basquiat, commettendo, secondo me, l’errore di guardare troppo indietro e fuori contesto (quest’opera è del 2021 e il graffitismo degli anni 70-80 è altra cosa, oggi non avrebbe senso riproporlo) penso invece che la Andreottola abbia il potenziale per guardare avanti e trasmettere il suo pensiero senza ancorarsi troppo a “ciò che fu”.
La rappresentazione di Arlecchino, celebre personaggio della commedia dell’arte, è solo accennata, tutti conosciamo la maschera e tutti la ricordiamo per il vestito multicolore, ma se andiamo a ritroso nel tempo, scavando nei meandri della leggenda scopriamo che la veste composta dai ritagli di altri costumi è recente, Arlecchino non esibiva la “figura” sgargiante, allegra, cromaticamente variegata, che vediamo oggi, le origini ci portano lontano, Arlecchino era un demone e le radici germaniche svelano un “Hölle König" tradotto letteralmente in "Re dell'Inferno o Re degli inferi".
Questo viaggio nel passato è quello che viene rappresentato nel dipinto? Non è dato saperlo e forse non ha nessuna importanza, va sottolineato invece l’approccio al personaggio, niente vestito a rombi colorati, nulla è lasciato trapelare dal volto, dalla maschera che è solo intuibile, un abbozzo che lascia spazio alle ricostruzioni personali, alle proprie conoscenze, ai propri gusti estetici.
Non voglio sostenere che questo dipinto sia un’opera d’arte, un capolavoro assoluto (non sosterrò nemmeno il contrario) ma, e questa è una mia opinione, dietro si cela un’idea, una “forma” mentale decisamente interessante.
Naturalmente in molti non saranno d’accordo, l’importante
è motivare il proprio giudizio, farlo con la dovuta educazione e soprattutto valutarne il potenziale evitando di collocare l'opera in un punto fisso del tempo impedendo cosi che possa svilupparsi, non possiamo certo sapere se un ipotetico potenziale possa emergere o meno, questo lo vedremo solo in un prossimo futuro.