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sabato 30 gennaio 2021

Gli specchi, Toulouse-Lautrec

 Autore:   Henry de Toulouse-Lautrec

(Albi, 1864 – Saint-André-du-Boys, 1901 ) 

Titolo dell’opera: Vincent Van Gogh, 1887 

Tecnica: Pastello su carta 

Dimensioni: 54 cm x 45 cm 

Ubicazione attuale:  Stedelijk Museum, Amsterdam



Due anni prima della realizzazione di questo ritratto Vincent Van Gogh, consigliato dal fratello Theo, si trasferisce a Parigi dove incontra Toulouse-Lautrec, i due stringono un’amicizia dove più che dall’affetto sono uniti da una reciproca stima.

Di carattere diametralmente opposto i due pittori riescono a legare finché Van Gogh non chiede all’amico di dare vita a una comune dove gli artisti possono quotidianamente confrontarsi, ma la risposta categoricamente negativa rompe il fragile equilibrio tra i due, infatti Vincent decide di partire per la Provenza, i due si rincontreranno solo in una occasione, a Parigi Lautrec ospiterà Van Gogh per un brevissimo periodo, tre settimane prima della morte del pittore olandese.

In una didascalia che accompagna il disegno in una monografia dedicata a Toulouse-Lautrec, viene sottolineato che il ritratto “delinea in modo esatto il profilo di Van Gogh e ne rivela il carattere tormentato, ponendo di fronte all’osservatore l’immagine di un uomo inquieto”.

Queste parole  mi hanno fatto sorgere un dubbio, l’immagine di Van Gogh riflette la condizione dell’artista olandese o quella che vediamo è l’immagine di Vincent vista con gli occhi di Henry?

Dei tormenti interiori di Van Gogh ne abbiamo sentito parlare ma questo disegno inevitabilmente viene filtrato dalle sensazioni, dalle esperienze e dall’amicizia di Toulouse-Lautrec.

Per meglio comprendere il ritratto di Van Gogh dobbiamo prendere in considerazione il “ritratto” di Toulouse-Lautrec, sicuro di sé, menefreghista, individualista, egoista, queste caratteristiche, che accompagnano le varie descrizioni del pittore francese, si scontrano con quelle opposte di Vincent, la concezione della vita del ritrattista si mescola con lo “stile” del modello, il risultato è lo specchio visivo di Vincent ma al contempo è il riflesso interiore di Henry.

sabato 23 gennaio 2021

False notizie o mancanza di una serietà "giornalistica"?

In un articolo di un quotidiano (nella versione online) di qualche tempo fa, dedicato ad un’asta a Norimberga dove vengono “battute” 5 opere di Adolf Hitler, si sottolinea che l’asta “ha visto la partecipazione di diversi appassionati provenienti da tutto il mondo […] ma i prezzi esorbitanti hanno intimorito tutti, basti pensare che il meno caro partiva da una base da 19 mila euro mentre il più prezioso arrivava addirittura a 45 mila”. In poche parole nessun quadro è stato venduto.

Sorvolando sul motivo economico, le cifre seppur elevate non sono certo proibitive per il mercato dell’arte, semmai è il nefasto nome dell’autore ha frenare gli entusiasmi (molte opere di Hitler fanno parte di collezioni private ma i proprietari evitano accuratamente di farlo sapere).

Naturalmente non è l’articolo in sé a sconcertare, è l’immagine di un dipinto che accompagna lo scritto che mi ha lasciato senza parole.

Sotto il dipinto troviamo la didascalia: “Un quadro di Adolf Hitler al museo di Salò (Ansa) nessun titolo ma la fonte viene citata, ANSA appunto.

L’opera in questione, in prestito al Mu.Sa. di Salò solo nel 2017 in occasione della meravigliosa  mostra sulla follia (mostra che ha viaggiato per tutto il paese) ed è ospitata permanentemente a Venezia nelle sale della “Galleria d’arte moderna Ca’ Pesaro”, è opera di Telemaco Signorini, il titolo “La sala delle agitate nell'ospizio di San Bonifacio”, realizzato nel 1865, ci mostra la terribile condizione, il triste destino, delle recluse nell’ospedale psichiatrico di San Bonifacio a Firenze.

Come è possibile che una testata regionale di grande diffusione (con la partecipazione dell’ANSA) possa cadere cosi in basso? Un giornalismo raffazzonato , un pressapochismo estremo, l’ennesima dimostrazione di incompetenza, con la convinzione che a nessuno importi realmente di cosa si stia parlando o probabilmente si pensa che l’utente sia pronto a bersi qualsiasi notizia, fondata o meno.

sabato 16 gennaio 2021

L'unicità interpretativa

 E’ motivo di confronto, spesso di scontro, l’interpretazione delle opere d’arte sono tema di controversie, più o meno equilibrate.

Il tutto è dovuto ad un particolare che tendiamo ad ignorare: ognuno di noi ha un differente approccio al mondo dell'arte.

C’è chi si avvicina all’opera seguendo percorsi atti a decodificarne il pensiero inseguendo i simboli più o meno celati dalla mano, mai banale, dell’artista.

Decriptare un dipinto, una scultura o qualsiasi altra forma d’arte partendo dal simbolismo è alquanto complesso, necessita di una conoscenza della simbologia e di un approccio filosofico, la conoscenza profonda di quest’ultima offre un’ulteriore spinta in profondità e permette una visione più intima, cosa che non tutti possono comprendere.

Altro modo di entrare in contatto con un’opera d’arte è la ricerca dell’idea che sta dietro la realizzazione della stessa, non siamo affascinati tanto dall’opera in sé quanto da tutto ciò che ha permesso di realizzarla, in particolare l’idea iniziale ma, non senza importanza, tutto quello che ha influenzato il percorso creativo, dal motivo che ha spinto l’artista ad iniziare l’opera fino all’eventuale committente.

Per conoscere il concetto che da vita al dipinto o alla scultura è fondamentale entrare in possesso di un numero elevato di informazioni, più nozioni abbiamo più ci avvicineremo al cuore, al senso dell’opera in questione.

Ma sono molte le persone che si avvicinano all’arte lasciandosi investire dall’aspetto puramente esteriore, le forme i colori, sia che si tratti di opere figurative che di realizzazioni astratte (non parlo naturalmente di chi cerca nell’arte un semplice accessorio ber abbellire la casa (un quadro acquistato solo se fa pendant con i mobili o si abbina al colore delle pareti, in questo caso l’arte c’entra poco o nulla) chi si emoziona davanti ad un dipinto per quello che trasmette nell’immediato ha un “contatto” che altri non hanno in quanto concentrati a cercare in profondità.

Ogni singolo individuo  ha cognizioni diverse, esperienze diverse, è “incline” a sensazioni ed emozioni uniche, ecco perché è fondamentale il confronto ma senza prevaricazione sulle opinioni altrui, servono, una grande apertura mentale, l’abbandono di ogni pregiudizio, la consapevolezza che il tempo prosegue imperterrito il suo cammino e che ciò che già conosciamo non può divenire l’unico canone di riferimento, il futuro e quello che produrrà diventerà presente e di conseguenza passato.

Ogni opera d’arte è figlia del proprio tempo, va contestualizzata, non ha senso intestardirsi su stili e idee di decenni o secoli fa, è importante la conoscenza storica ma è il futuro il nostro obbiettivo, nel mezzo c’è il presente che va affrontato da ognuno di noi con le “armi” della conoscenza ed emotive che più sentiamo nostre.

L’arte è incontro, confronto, mai scontro.


Nell’immagine: Joan Mirò – Paesaggio catalano (Il cacciatore) 1923-24, olio su tela cm 65 x 100 - The Museum of Modern Art (MoMA) New York

sabato 9 gennaio 2021

Genio, talento e magia, Giuseppe Sanmartino e il velo di Cristo.

 

Autore:   Giuseppe Sanmartino

(Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663)

 Titolo dell’opera: Cristo velato, 1753

 Tecnica: Scultura in marmo

 Dimensioni: 180 cm x 80 cm x 50 cm

 Ubicazione attuale:  Cappella Sansevero, Napoli



La fama di alchimista che ha accompagnato Raimondo di Sangro, committente dell’opera, ha fatto nascere innumerevoli leggende che a tutt’oggi ammantano l’incredibile scultura di Giuseppe Sanmartino.

Davanti al Cristo velato tutte le leggi naturali sembrano svanire lasciando spazio ad infinite varianti, fino a quelle magiche.

Da più di due secoli e mezzo questa scultura attira un grande numero di visitatori, dai turisti di passaggio a studiosi che si recano a Napoli per comprendere la “struttura” del sudario che lascia intravedere il corpo di Cristo.

Di fronte all’opera le reazioni sono molteplici, è innegabile che la prima, e spesso l’unica, è di meraviglia per ciò che vediamo, è praticamente impossibile notare altri particolari che non siano il velo marmoreo che copre il corpo martoriato.

Lo stupore è immobilizzante, la maestria, unica nel suo genere, la tecnica che va oltre ogni comprensione logica, bloccano l’immagine che ne abbiamo, tra l’incanto davanti a tale capolavoro e l’incredulità che questo sia umanamente possibile.

Queste reazioni sono una consuetudine al giorno d’oggi, dove ci sono conoscenze e strumentazioni che ci portano a capire che il tutto non è legato ad alcun processo “magico” ma al genio e alla maestria dello scultore.

Possiamo solo immaginare quale reazione può aver suscitato nel pubblico di 250 anni fa, dove in effetti si credeva che fosse un’opera “ultraterrena”  o realizzata con il contributo della “scienza” alchemica.

Chi osserva la scultura di Sanmartino oltre al velo, se riesce a staccarsi da questo ipnotico particolare, nota la pregevole fattura dei cuscini che reggono la testa del Cristo, con più attenzione possiamo notare che il corpo, solo parzialmente coperto dal velo, mostra i segni della sofferenza, ad esempio le mani ferite dai chiodi, aspetto tutt’altro che secondario considerato che basta il velo per rendere “superfluo” tutto il resto.

Ma il punto più “alto”, almeno simbolicamente, è ciò che si trova ai piedi del Cristo morto, la corona di spine, i chiodi, simboli della passione e al contempo gli elementi fondamentali nel processo cristiano che porta alla salvezza delle anime che, tramite il sangue versato dal figlio di Dio, si purificano e nel giorno del giudizio “entreranno” nel Regno dei Cieli.

sabato 2 gennaio 2021

Quando il musicista si erge ad artista, John "Bonzo" Bonham

Mi è capitato, come spesso succede, di ascoltare alcuni brani dei Led Zeppelin e questa volta, più di altre, ha attirato la mia attenzione il “suono” della batteria di "Bonzo", alias John Henry Bonham.

Definito, a ragione, uno dei migliori (se non il migliore) batteristi rock di sempre, ha catturato la mia attenzione per l’assoluto anti-accaddemico “modo” di suonare la batteria.

“Controtempo”, intenso, “rumoroso” (tanto che agli inizi i locali pubblici si rifiutavano di fare esibire le band che avevano Bonham alle percussioni perché appunto “troppo rumoroso”.

Seppur grande appassionato di musica rock, non sono certo un esperto ne tantomeno un conoscitore della musica in generale, ma “Bonzo” mi aiuta a veicolare il concetto di artista nel panorama musicale cosi come potrei definirlo nell’ambito delle arti figurative, in particolare pittura e scultura.

Bonham era autodidatta, non ha mai frequentato scuole specifiche, al contrario ha sempre inteso la batteria in modo personale, questo gli ha permesso di andare oltre la tecnica: ha messo in scena il genio.

Al contrario di ciò che possiamo immaginare, vista la condotta di vita sregolata al punto che l'ha condotto alla morte prematura, Bonhan era un batterista meticoloso e "ordinato", la genialità, l'andare controcorrente, non esclude una ferrea disciplina, anzi, aiuta a crescere fino a raggiungere le massime sfere.

Spesso musicisti, pittori, scultori, esibiscono una tecnica impeccabile, raggiungono un livello “accademico” perfetto ma non basta per essere definiti Artisti, Bonham ha creato un nuovo e geniale modo di suonare la batteria, ha rivoluzionato la storia della musica contribuendo a dare una svolta fondamentale al rock .

Se vi capita di ascoltare qualche brano dei Led Zeppelin fate attenzione, oltre alle qualità vocali di Plant, e quelle musicali di Page e Jones, al “ritmo” di John Bonham, vi renderete conto di cosa un artista è in grado di fare che a un musicista, seppur bravo, è precluso.

L’ultimo album “Coda” pubblicato dopo la morte di Bonham e il conseguente scioglimento del gruppo, ci fa “sentire” come “Bonzo” sapesse reinventare la batteria, il brano “Bonzo’s Montreaux” è una registrazione del 1976 dove la traccia esclusivamente incentrata sulla batteria ci mostra il genio di Bonham che raggiunge vette eccelse.

L’imperfezione diviene la quint’essenza dell’arte delle percussioni rock.

Il mondo della musica, come d’altro canto quello delle arti, mette in scena il talento con una certa frequenza, ma quando si tratta di grandissimi artisti allora il numero scende, e di molto, la capacità di veicolare un nuovo messaggio con metodologie altrettanto nuove, è una delle peculiarità dell’artista e, conseguenza naturale, delle opere d’arte.