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sabato 30 marzo 2019

La ricerca del "classico" proiettato al futuro, Jean Metzinger


Autore:   Jean Matzinger
(Nantes, 1883 – Paris, 1956)

Titolo dell’opera: Le bagnanti - 1912

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 148 cm x 106 cm

Ubicazione attuale:  Museum of Art, Philadelphia
(The Louise and Walter Arensberg Collection)





Metzinger ha sempre legato le sue esperienze creative a quello che lui stesso definiva il “creatore” del cubismo, Cezanne.

E’ evidente in questo dipinto la presenza dell’artista provenzale, le bagnanti di Cezanne si reincarnano in quelle di Metzinger pur isolate in un angolo rispetto alla struttura del quadro.

Anche Griss e Picasso, ma soprattutto Braque, “entrano”, più o meno in punta di piedi, nell’immaginario cubista di Metzinger, che riesce comunque, nonostante le numerose ed importanti “citazioni” a costruire un suo stile che unisce i resti del post-impressionismo alla visione più moderna.

L’opera parte da un punto fermo ossia il titolo, le bagnati sono il centro ideale della rappresentazione ma il contesto rurale è limitato ad un’area ristretta attorno alle due figure.

Salendo con lo sguardo gli alberi si fanno più imponenti ma al centro si apre uno squarcio che ci permette di osservare, pur con una sensazione di estrema tranquillità, qualcosa che va oltre l’essenza naturale del paesaggio, una struttura simile ad un ponte ferroviario appare imperiosa dietro le chiome degli alberi, viene spontaneo pensare al progresso tecnologico che si mostra, all’inizio con cautela  ma che inevitabilmente prenderà il sopravvento, sotto una nuova luce.

sabato 23 marzo 2019

Punto d'incontro tra passato e futuro, G. C. Argan ed il cubismo.


«Fedele al principio della” regola che corregge l'emozione”, la pittura di Braque è la più rigorosa rielaborazione e messa a punto dei mezzi espressivi della pittura tradizionale; una nuova poetica raggiunta attraverso il progressivo affinarsi del mestiere pittorico; un artigianato di altissima elezione, infine, tutto affidato all'alchimia dei colori e delle forme».

«Il suo atteggiamento [riferito a Picasso] è a priori rivoluzionario, estremista ... sa di avere in mano uno strumento terribile, il disegno, che disintegra l'oggetto e restituisce la forma nuda della coscienza; e non della coscienza in astratto, ma della coscienza in quell'attimo in cui disintegra e distrugge l'oggetto»

E riguardo al cubismo nel suo insieme Argan sottolinea: «Il suo assunto è rivoluzionario, ma non eversivo: respinge il principio dell’imitazione e nega il valore e l’autorità della natura come realtà rivelata, ma proprio perciò esalta la creatività dell’arte e indaga e valorizza tutti i processi attraverso i quali nel corso della storia questa creatività si è realizzata: linea, forma, colore, ecc

Il noto storico Giulio Carlo Argan continua cosi: «non è l’antico che serve da guida all’arte moderna, ma l’arte moderna che costituisce l’esperienza formale senza la quale non è possibile intendere, o rendere attuale nella coscienza o porre come un problema, l’arte antica».

Argan dunque riversa sul “cubismo” una responsabilità ed un’importanza infinite, ne fa la chiave per comprendere l’arte antica e lo promuove a fondamento per quella futura.

Ma è difficile pensare che solo Picasso e Braque possano essere annoverati tra i padri di questo “pensiero artistico” Cezanne prima e Griss poi sono un altro punto di contatto, il primo come vero pioniere del cubismo, il secondo come il “continuatore”, l’appendice futura di un’espressione cubista nella sua purezza nonostante i mutamenti dell’avvenuta modernità.

(nell'immagine: George Braque - Case a L'Estaque, 1908. Olio su tela. Rupf Foundation, Berna)

sabato 16 marzo 2019

Oltre la dimensione umana, Odilon Redon.


Autore:   Odilon Redon
(Bordeaux, 1840 – Paris, 1916)

Titolo dell’opera: Cellule dorèe - 1892

Tecnica: Olio su carta

Dimensioni: 30,1 cm x 24,7cm

Ubicazione attuale:  British Museum, London






Tipico di Redon anche questo dipinto lascia molti spazi interpretativi, le forme ed i colori si prestano a letture multiple, la profondità espressiva e l’intima essenza dell’insieme rende l’opera di grande impatto spirituale.

Il piccolo formato, l’intensità del blu e lo sfondo quasi interamente dorato fa pensare ad una riproduzione carica di misticismo, quasi ad un’icona.

L’aspetto ultraterreno prende il sopravvento, il tema legato ad una concezione religiosa lo è altrettanto ma è difficile orientarsi con facilità, il profilo femminile può rimandare alla Vergine Maria ma l’atmosfera creata dal gioco di luci fa pensare al buddismo o al misticismo indiano.

Tra le molteplici “visioni” molto interessante quella che sottolinea l’essere visionario insito nell’artista in quanto tale, l’artista vede ciò che non si può vedere con gli occhi di un comune osservatore, tale “veggente” è rappresentato in questo quadro che ne sottolinea l’aspetto solitario, chi vede oltre viaggia da solo in una dimensione dove tutto è impalpabile, una ricerca interiore che sfocia nell’astrazione dei sentimenti.

sabato 9 marzo 2019

Viaggio in Italia ... Paul Klee


Autore:   Paul Klee
(Münchenbuchsee, 18 dicembre 1879 – Muralto, 29 giugno 1940)

Titolo dell’opera: Castello e sole - 1928

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 50 cm x 59 cm

Ubicazione attuale:  Collezione privata






Paul Klee racconta nel suo “ Castello e sole” un ideale città dove il castello diviene il simbolo di una grandezza arcaica che torna a rivivere nell’immaginario.
Opera che rimanda le influenze culturali e stilistiche dei viaggi che il pittore svizzero intraprende tra il 1914 e il 1926.
Il primo in Tunisia che rivela una visione dell’esistenza del tutto nuova per Klee ed il secondo, dodici anni dopo, in Italia dove prende coscienza di un contesto artistico e paesaggistico che non può prescindere dalle contaminazioni rinascimentali.
Castello e sole dunque è l’insieme di culture e sensazioni, i colori intensi che fanno riferimento al mondo arabo e le forme che ci postano vicino ai mosaici che Klee ha ammirato a Ravenna.
Non possiamo comunque ignorare l’intimo pensiero artistico dello stesso artista, una visione oggettiva che viene rielaborata e si trasforma in un concetto quasi astratto dove è l’osservatore ad immergersi per poi riemergere con un’idea del tutto personale (pur contaminata dalle informazioni che inevitabilmente l’artista lascia emergere).
La forma e la conseguente immagine che ne scaturisce, fa parte di una riflessione interiore, oltre che di una sperimentazione concettuale e di stile, sulle forme geometriche inserite in alte forme simili, il risultato è un ibrido che, nonostante vada verso una parziale astrazione, lascia ampio spazio ad un realismo nemmeno troppo celato.

sabato 2 marzo 2019

L'istante sospeso nel tempo, Antonello da Messina.


Autore:   Antonello da Messina (Antonio di Giovanni de Antonio)
(Messina, 1430 – Messina, 1479)

Titolo dell’opera: Pietà  (Cristo in pietà e un angelo) – 1476-78

Tecnica: Olio su tavola

Dimensioni: 74 cm x 51 cm

Ubicazione attuale:  Museo del Prado,Madrid






Opera realizzata negli ultimi anni di vita dell’artista che torna nella città natale dopo un lungo peregrinare tra le infinite "sfumature" artistiche della penisola italica.

Pietà è senza dubbio, con l’Annunciata di Palermo, l’apice di un percorso artistico che fa di Antonello da Messina il più importante pittore siciliano del suo tempo e uno dei più grandi nella storia dell’arte italiana.

Intensa e profondamente emozionante la scena, sospesa nel tempo, mostra l’istante prima della deposizione di Gesù nel sepolcro.

Nessuna scrittura racconta ciò che vediamo ma possiamo pensare che l’istantanea sia bloccata nel momento in cui gli amici e famigliari di Gesù, dopo averlo tolto dalla croce si accingono a seppellirlo.

Tutte le persone che solitamente vediamo nelle scene che rappresentano la deposizione svaniscono, rimane il corpo del Cristo morto sorretto da un angelo.

Il Salvatore è seduto, la bocca aperta, il volto stravolto dalla sofferenza e dalla fatica, il tutto ci da la sensazione che la morte non sia effettivamente sopraggiunta, tanto che dalla ferita al costato sgorga ancora del sangue.

L’incarnato però ci dice altro, il colorito di Gesù contrasta con quello dell’angelo ed è proprio quest’ultimo che irrompe prepotentemente nella scena.

Le copiose lacrime che solcano il viso angelico evidenziano le emozioni, tristezza, sgomento e rassegnazione che vengono emanate dalla bellezza naturale e candida dell’angelo.

Naturalmente è improbabile che l'angelo pianga la morte di Gesù, in quanto entità "divina" conosce l'epilogo che porta alla resurrezione, l'angelo stesso sembra sfinito dalle sofferenze del Cristo e si lascia andare ad un pianto liberatorio sapendo che finalmente la "notte" sta volgendo al termine e si annuncia un'alba luminosa. 

Non sfugge all’osservatore il gioco cromatico delle ali, autentica prova di talento assoluto.

Dietro i protagonisti del quadro si apre un paesaggio che sembra diviso idealmente dal muro cadente sulla destra, infatti proprio dietro alle due figure il terreno è brullo e cosparso di detriti e resti umani, anche i primi alberi sono spogli. La morte è sovrana assoluta.

In secondo piano fino allo sfondo la vita sembra riprendere o continuare, gli alberi dal verde intenso ci accompagnano fino al centro abitato che sembra godere di ottima salute.

Il paesaggio in lontananza richiama la resurrezione in risposta alla morte che sembra prendere il sopravvento nel breve termine ma che nel tempo cede inesorabilmente il passo ad una gioiosa rinascita.